UNA FOGHERACCIA ECCEZIONALE

Franco Fontemaggi, classe 1930, già abitante a Rimini nel rione Castellaccia, ha lasciato ricordi dei suoi periodi giovanili. Qui narra come l'incoscienza di una bravata avrebbe potuto avere esiti tragici.

Un anno, per la fogheraccia di San Giuseppe che segna l'inizio della primavera, con la mia combriccola, come usavamo fare da sempre, avevamo accatastato legname di scarto delle varie falegnamerie, fascine e tronchi d'alberi, mobili vecchi, cassette, cartoni, insomma tutto ciò che si poteva bruciare. Noi della Castellaccia e quelli di piazzale Oberdan eravamo sempre in gara a chi faceva il falò più grosso; quell'anno, senza pensare troppo alle conseguenze, ci mettemmo anche un grosso fusto di catrame che avrebbe dovuto servire agli operai del Comune per asfaltare un tratto di strada. Il fusto lo avevamo, noi sconsiderati ragazzini, inserito di nascosto sotto la mole del legname accumulato.

Sull'imbrunire, quando la piazzetta Ducale era piena di gente, accendemmo il fuoco e attendemmo con trepidanza. I botti con l'uso di potassio e zolfo si susseguivano... poi il momento atteso: il barile, con un tonfo sordo, era scoppiato lanciando in aria tizzi di fuoco, mentre sul ciottolato si spandeva il catrame liquido e fumante. Si sfiorò il disastro, fortunatamente la gente ebbe tempo di ritirarsi e non bruciarsi i piedi. Ci fu un gran panico, tutto ricordava una scena del film Gli ultimi giorni di Pompei.

Franco Fontemaggi