NOTTE DELLE CIVETTE

Oggi, nel cassetto dei ricordi, ho trovato la storia della notte con le civette. Alludo proprio al pennuto non a quelle leggiadre figure così malevolmente chiamate.
Sono seduto al bar Milano, il bar dei genitori di Sergino, in cima a via Misurata. Con me ci sono alcuni amici. La serata è stanca, solo alcuni sono riusciti a trovare compagnia per passare qualche ora piacevole. Sergino è dietro il bancone del bar con Alberto. Lui e suo fratello stanno aiutando i genitori a mandare avanti l'attività.

Tutte le sere, dopo il lavoro, ci ritroviamo al bar Milano. Sediamo ai tavoli lato via Misurata, un po' defilati, per prendere un caffè e programmare qualcosa. Questa sera ci sono: Lino, Sergio (quello più grande), Paolo, Giorgio, Renzo. Il tempo passa e tutte le idee proposte vengono scartate. Si sta facendo tardi e quindi si finirà per stare al bar a dar aria ai polmoni. Sarà una gara per sentire chi la sparerà più grossa.

A un certo punto Lino se ne esce con una proposta inusuale per la serata successiva: Beh, domani io vado a civette, chi vuol venire con me? Bisogna dire che Lino oltre che ortolano e bottegaio è un cacciatore, ma di quelli accaniti. Va a prendere le civette, di notte, vicino ai cimiteri, per poi usarle come richiami durante le sue cacce nel sud dell'Italia, durante i passi stagionali degli uccelli.

Aderiamo alla proposta solo io e Sergio (quello grande). Sergino, non si chiama Sergino perché è nano, ma solo perché è il più giovane di noi e da quando ha smesso i pannoloni, ci ha seguito in tutte le nostre storie, Allora, Lino, conta mo dove ci porti e come si svolge la presa delle civette? Lino ci spiega come si svolge la caccia.

Dovrete vestirvi di nero e anche se non c'è la luna le civette non devono scorgerci. Ci infratteremo in un boschetto vicino al piccolo cimitero di San Martino prima delle coste di Sgrigna. Posizioneremo i bastoni con la civetta da richiamo e spargeremo il vischio sul posatoio. Io userò il richiamo, che riproduce il monotono e lugubre verso della civetta e voi mi darete una mano per avvisarmi se vedete arrivare il piccolo rapace notturno dagli occhi gialli. Avete obiezioni?

Certo, ne avevamo, eccome! Non è che dal cimitero arriveranno strane ombre disturbate dal tuo lugubre richiamo? Non è che sveglieremo qualche anima che desidera riposare in pace? Non è che ci verrà sete e ti dimentichi di portare quella buona albana che hai a casa? Infine cosa sarà di noi, vestiti completamente di nero, con i bastoni al seguito? E niente che quegli sfigati ci prendano per fasci e conoscendo la nostra appartenenza politica, ci accusino di qualche tentativo di golpe, sebbene cimiteriale?

Dai... nu fasì i pataca, me a so un cumpagn e ho la tessera de circul "Palmiro Togliatti" di via Pascoli. A si sa me, tranquel burdel. Caricata la ballonzolante R4 dei bastoni, del vischio e della civetta che farà da richiamo, partiamo in direzione delle Grazie. La bottiglia d'albana l'abbiamo già notata: è sotto il sedile. Io e Sergio ci guardiamo con occhio compiaciuto, sembriamo proprio due del Ventennio.

Proviamo a intonare Faccetta nera, ma Lino ci stoppa subito: Av las per la streda sa fasì i pataca, tla mi machina us chenta sno bandiera ros. Giunti al piccolo cimitero, lasciamo la macchina. Andiamo a nasconderci a sinistra del cancello dentro un fosso dietro un basso boschetto sovrastato dagli slanciati cipressi. Mentre aiutiamo Lino a piantare i pali, lui spalma il vischio sul posatoio, dispone la civetta in cima al palo e ci spinge dentro il fosso per poter iniziare la caccia. Sono le 23 passate, la notte è nera come la pece, non si vede una mazza. Solo gli occhi della civetta sul palo risaltano di un giallo vitreo. Lino comincia il lugubre verso: UUH, UUH, UUH, ripetuto all'infinito.

Ci vien la pelle d'oca. La mezzanotte si avvicina e anziché guardare per aria se arrivano civette, io e Sergio buttiamo un occhio al cancello del cimitero... vedi mai che... Suona la mezzanotte nel vicino campanile. Chiediamo a Lino di poter stappare la bottiglia di albana perché cominciamo a tremare dal freddo e non solo... UUH, UUH, UUH... Le prime sorsate e qualche fetta di ciambella. Ad un tratto Lino ci fa cenno di star fermi e indica due piccoli occhi gialli in avvicinamento. È un attimo, la nuova venuta si posa e rimane invischiata.

Usciamo dal fosso e tiriamo giù la civetta prigioniera. Lino la stacca dolcemente e la mette in una gabbietta, coprendola con uno straccio per farla stare calma. Io e Sergio siamo eccitati. Abbiamo due occhi come quelli di bega e foriamo la notte. A un certo punto notiamo qualcosa di bianco come un lenzuolo uscire dal cimitero... Oscia un fantasma... strizza... ci si drizzano i peli sulle braccia... Lino divertito ci rassicura: si tratta di un bel barbagianni, che fluttua nell'aria silenzioso. Che visione! Qualche sorsata di albana ci farà sicuramente bene... UUH, UUH, UUH.

Ciò burdel l'è ora dandè a chesa, le sort e sol! Io e Sergio ci siamo addormentati, la stanchezza, il lugubre verso del richiamo, ma soprattutto l'albana ci ha steso. Non abbiamo assistito al prosieguo della caccia. Lino ha catturato ben 4 civette ed è contentissimo. Sa du sfighed isè an vag più a caza, avì magnè tutta la zambela e bu tota l'albana.

Siamo tornati a casa per cominciare la lunga giornata lavorativa, Sergio al mare come mosconaio, io in albergo come cameriere, Lino nell'orto per raccogliere ortaggi e frutta da portare in bottega. Lino da tempo non è più con noi. Ma questa è un'altra storia...
Buona giornata e tenete botta.

Gianni Porcellini