I POZZI NERI

Mario Macina, già ferroviere alle Officine di via Tripoli, personaggio politico che negli anni Cinquanta ricoprì la carica di segretario cittadino del partito socialdemocratico, ha lasciato alcune testimonianze sugli usi e costumi vigenti in città durante la sua gioventù.

La popolazione di Rimini, nei primi anni del 1900, superava di poco le 43.000 unità. Tutte le case, anche le signorili, erano prive di fosse biologiche e la vuotatura dei pozzi veniva affidata ai contadini che utilizzavano il liquame come concime. Venivano in città di notte con piccoli carri trainati da buoi, aprivano il coperchio del pozzo e con pale raccoglievano lo sterco che versavano in recipienti scoperti. L'operazione lasciava naturalmente un fetore che ammorbava l'aria per diversi giorni.

Nel borgo San Giuliano le strade erano perlopiù prive di pavimentazione, di fognature, di acqua e di luce, e le case mancavano dei più elementari servizi igienici. Tutti i rifiuti, anche quelli corporali, dovevano rimanere appartati sino al mattino successivo quando Bighin al grido di: Avanti donne, avanti bùrdel, purtem sòbit i'urinel passava col carrettino trainato da un somarello per raccogliere le immondizie di ogni genere, comprese le materie fecali.

Mario Macina