GARZONE

Barbara e Vincenzo Santolini hanno raccolto in un libretto le memorie di Guido Ceccarelli, di Montetauro di Coriano, classe 1926, qui si riporta un passo dove si coglie, come nell'anteguerra, ci fosse una povertà diffusa nelle campagne del riminese.

Ero figlio di piccoli mezzadri, con famiglia numerosa, genitori e sei figli. Dal 1936 cominciai, nel periodo estivo, a lavorare come garzone per altri coltivatori in zona. Dopo tre anni, nel 1939, ne avevo tredici, andai a lavorare sempre come garzone presso la famiglia Montanari, detti per soprannome Gianpir, che abitavano in viale Verdi a Riccione, in un terreno della tenuta del Conte Mattioli. I miei genitori pattuirono quale compenso per il mio lavoro vitto e alloggio, per la paga si sarebbe visto al termine in base al mio rendimento. La famiglia Montanari mi trattava molto bene e come lavoro facevo quanto mi veniva richiesto, in prevalenza lavoro agricolo. Fu lì che per la prima volta venni in contatto con novità per me assolute: la luce elettrica, l'acqua corrente alla cannella.

La posizione del podere era vicina al mare, le strade erano asfaltate, percorse da automobili e anche la linea ferroviaria passava nei pressi. In quegli anni (1938-39) piovve tantissimo e i terreni di Montemauro dove abitavo, in parte argillosi, si erano imbevuti d'acqua e diversi si allagarono, alcuni terreni franarono; per questo motivo non si era nemmeno potuto seminare il grano. Per la mia famiglia furono anni veramente duri, da stringere la cinghia. Si mangiava la piada mista alla farina di granoturco, la polenta, i fagioli, patate, uova, insalata, pomodori, cavoli, latte e formaggi, ma tutto in razioni molto scarse.

Il pane nero era cotto una volta alla settimana nel forno di casa, in maggio c'era la fava e d'inverno un po' di carne di maiale. I polli e i conigli si mangiavano una volta la settimana di domenica e durante le feste vi era anche un po' di ciambella. Si mangiavano tutti i prodotti della nostra campagna; alla bottega, nel castello di Montemauro si andava a comprare solo il sale, il pepe, il baccalà, l'arringa e i fiammiferi. A volte, per comprare queste merci, si vendevano nostri prodotti agricoli. Il vestiario era sempre lo stesso, mia madre, quando necessaro, lo rappezzava e fra noi a volte lo scambiavamo.

Guido Ceccarelli