CONVALESCENZA

Ariodante Schiavoncini, 1922 -2013, partigiano, figura di rilievo della politica riminese, in questo suo scritto racconta dei ripetuti tentativi da lui effettuati dopo la chiamata alle armi nel 1941, per venire riformato dal servizio militare.

Il mio pensiero fisso era trovare il modo per essere mandato a casa. Il mio spirito guerriero era stato distrutto dalle delusioni patite durante il periodo da volontario nella GIL (Gioventù Italiana del Littorio). Di quel periodo non riuscivo a dimenticare le parole del vecchio sovversivo, avverse alla guerra, incontrato a Masone (GE). Ogni giorno prendevano consistenza le voci di Radio gavetta, il famoso tam - tam che secondo i militari anziani non sbagliava mai, ovvero la notizia che la nostra Divisione era destinata alla campagna di Russia.

Questa notizia fece aumentare in me la convinzione che dovevo fare il possibile per essere mandato come minimo in convalescenza. Con determinazione iniziai a non mangiare: mi appartavo e, non visto, gettavo via il contenuto della gavetta. Al sesto giorno di digiuno, durante una marcia, mi sentii male. Trasportato in infermeria, il medico del reggimento dispose il mio ricovero in ospedale a Gorizia. L'ospedale si trovava in collina, in un ex convento di frati. Rimasi ricoverato quindici giorni, speravo di ottenere una convalescenza, invece i medici militari mi rinviarono al reggimento.

Ero deluso: non avevo raggiunto lo scopo, e mi avevano rinviato al corpo che ancora non mi sentivo bene, ero debole e spesso mi girava la testa. Lo feci presente al Colonnello medico che aveva firmato il mio ritorno al reggimento, e lui mi rispose che ero solo un lavativo. La mia reazione e la rabbia per il fallimento mi spinsero a ricominciare daccapo. Al quinto giorno del nuovo digiuno marcai visita perché avevo la febbre. Non avevo più bisogno di gettare il rancio, anche volendo non riuscivo più a mangiare e mi sentivo veramente male.

Per la seconda volta il medico dispose il mio ricovero: destinazione l'Ospedale militare Regina Elena di Trieste. Fui ricoverato per oltre un mese, controllato e curato, ma continuavo ad avere la febbre. Mi fu concessa una convalescenza di 360 giorni. Avevo raggiunto lo scopo, ma ero preoccupato per la mia salute. Già di costituzione minuta, in quei giorni sembravo uno scheletro che camminava. Il medico militare propose come cura riposo e cibo sostanzioso. Per il riposo non esistevano problemi, per il cibo, con il razionamento in corso, la questione si complicava. I viveri che si potevano avere con la tessera annonaria erano veramente scarsi, e non avevo soldi per acquistarne al mercato nero.

Nonostante le tante difficoltà, ero sicuramente stato fortunato perché in poco tempo ripresi il mio peso normale e le energie. Forse la ragione era da ricercarsi nella calma che la mia mente aveva ritrovato. In quel periodo il mio reggimento partì per la Russia. Come la storia ricorda, durante quell'infelice campagna militare, la Divisione Vicenza della quale il mio reggimento faceva parte, fu decimata.

Ariodante Schiavoncini