TRASPORTI E CARRETTIERI

Il socio Virginio Cupioli (Tonino), classe 1926, pensionato FS, già Capo Stazione Superiore, ripensando alla sua gioventù, ricorda i principali mezzi di trasporto diffusi in città nell'anteguerra.

Nelle vie cittadine come in quelle periferiche erano sparsi di qua e di là escrementi equini che gli abitanti sopportavano per abitudine senza lamentarsi, stante la continuità con cui venivano percorse da carri, carretti e carrozze, tutti trainati da detti animali. I trasporti delle merci erano svolti da ditte private che usavano grandi carri pianali a quattro ruote con sponde, trainati da cavalli da tiro. Le più note erano: Pivi, Giardini e Goldini, che prelevavano le merci allo scalo ferroviario portandole ai privati e viceversa; eseguivano anche trasporti di masserizie (in dialetto detti polsi) in caso di cambio casa, e di ogni tipo di altre merci.

I trasporti a lunga distanza da città a città erano svolti con automezzi dalla nota ditta Corriere Renzi, con sede in via Bastioni, e quelli verso l'entroterra dalle due ferrovie per San Marino e Mercatino Marecchia, oggi Novafeltria. La ferrovia elettrica per San Marino fu voluta da Mussolini per opportunità politica, inaugurata nel 1932 dal Ministro Costanzo Ciano che tagliò il nastro al confine della Dogana. Era un'opera moderna e tecnicamente avanzata con percorso da Rimini Stazione FS, Rimini Marina, Cerasolo, Dogana, Serravalle, Domagnano, Valdragone, Borgomaggiore, San Marino Città, con molte gallerie scavate sotto il monte. A Rimini attraversava sei o sette orti fino al passaggio a livello della via Flaminia e gli ortolani, intenti al lavoro, nell'udire il fischio delle elettromotrici biancoazzurre alzavano la testa per osservare attoniti il passaggio della modernità.

La ferrovia a trazione con locomotiva a vapore per Mercatino Marecchia iniziava dalla stazione sita in Piazza Clementini, percorreva la cinta dei bastioni fino alla stazione di Porta Montanara nel Borgo San Gaudenzo immettendosi poi sulla via Marecchiese che percorreva, affiancando i mezzi stradali, a velocità ridottissima, attraversando Spadarolo, Vergiano, Corpolò, Villa Verucchio, Ponte Verucchio, Torello, Pietracuta, Secchiano e Mercatino Marecchia, oggi Novafeltria.

Per lo sviluppo commerciale, turistico e culturale, questi treni erano fondamentali per lo spostamento delle genti. Durante i giorni non lavorativi le famiglie andavano in gita a visitare l'entroterra o la zona costiera e ciò permetteva un arricchimento culturale e anche commerciale. Pittoresca appariva la circolazione di questi trenini che percorrevano le panoramiche valli del Marecchia lungo il fiume omonimo, e la valle dell'Ausa fino alla salita del Titano.

Riguardo al trasporto gestito dall'ente pubblico, nel gennaio 1939 cessò il servizio tram su rotaia fra Rimini e Riccione e per sei mesi fu sostituito da autobus dalla Sita, poi dal primo luglio iniziò il servizio filoviario con vetture tipo Roma, già in servizio nelle grandi città. Numerose erano le carrozzelle che trasportavano persone a loro richiesta, sostavano a disposizione nelle piazze, davanti alla stazione e nei luoghi molto frequentati.

Intenso era il viavai fra le città e il Cimitero durante la ricorrenza dei morti, i cittadini le usavano come servizio pubblico dividendosi le spese della corsa. I carrettieri (carater) erano coloro che trasportavano la breccia bresa, ciottoli raccolti nell'alveo del fiume Marecchia, che venivano usati per la manutenzione delle strade non asfaltate. I ciottoli tutti corrosi, sminuzzati e arrotondati dalle acque delle fiumane, trascinati da monte a valle verso il mare, coprivano interamente l'alveo fino al ponte di Tiberio da cui apparivano allo sguardo come una distesa bianca. I carrettieri li scaricavano nelle apposite piazzole lungo il percorso e i cantonieri stradali aventi il tratto di strada in consegna, li utilizzavano per rifacimenti e chiusure di buche.

La breccia veniva anche utilizzata per vari usi nell'edilizia, indispensabile a riempire il sottosolaio a pianterreno. Il carrettiere usava un carro con sponde alte, lo riempiva di breccia e ciottoli con un apposito badile e molta fatica, poi affidava al cavallo inserito fra le due stanghe la fuoriuscita dall'alveo, che normalmente era in salita. Alcuni usavano un secondo cavallo detto bilancino per dividere lo sforzo e incitavano i due animali con grida e frusta affinché producessero tanta potenza per superare il punto morto della salita.

Il carrettiere era normalmente una persona robusta, disposta a faticare; la sera, quando rincasava, il suo primo pensiero era accudire il cavallo. Erano molti coloro che svolgevano questo mestiere fondamentale a quel tempo, oggi scomparso come tanti altri mestieri per il sopravvenuto progresso. Vederli transitare per le strade con il loro pesantissimo carro colmo di ciottoli, spronando il cavallo, dava il senso del sacrificio, della rude asprezza del mestiere, dell'onestà e dell'umiltà con cui si guadagnavano il cibo quotidiano.

Virginio Cupioli