CARNEVALE
ANDARE IN MASCHERA

Il socio Virginio Cupioli (Tonino), classe 1926, pensionato FS, già Capo Stazione Superiore, ripensando alla sua fanciullezza si sofferma sul Carnevale, su come rappresentasse per la città un periodo di beata spensieratezza.

Il carnevale era sinonimo di festa e allegria; quasi tutti festeggiavano l'ultimo giorno prima della Quaresima con l'astensione dal lavoro. Nel pomeriggio gli uomini andavano all'osteria, bevevano e cantavano. Qualcuno per stupire usava come boccale un vaso da notte. Per i bambini era un grande avvenimento; tutte le famiglie preparavano i dolci di carnevale: fiocchetti, castagnole, qualcuno il dolce dei poveri più economico: i cantarelli; si facevano con un impasto lento di farina, si friggevano nell'olio e dopo si cospargevano di zucchero (si è visto qualcosa di simile nel film Il Vagabondo di Chaplin).

A gruppetti, i ragazzini andavano in maschera di casa in casa, i visi dipinti con il carbone e coperti con mascherine di cartone, travestiti con stracci e abiti vecchi colorati; portavano un cestino dove mettevano i regali che ricevevano, più che altro dolcetti.

Si ricorda che un adulto, osservandone un gruppetto, disse: Che vi siete dipinti a fare? Non occorreva, basta guardarvi, siete già mascherati; in effetti erano sporchi poiché avevano giocato nel prato senza riguardi.

Virginio Cupioli