RICORDI DI GUERRA

Avevo sette anni quando nell'autunno del 1944, in piena seconda guerra mondiale, nel riminese è giunto il fronte. Da una parte combattevano i tedeschi (al nord) e dall'altra gli alleati che stavano liberando l'Italia dall'occupazione tedesca. Il nostro territorio era sottoposto a continui bombardamenti, aerei, terrestri e navali. Mio padre era il custode di un castello con due torri merlate (di cui le prime notizie, come appartenente ai conti di Bertinoro, risalgono al 1152, per passare poi ai Malatesta nel 1371), situato a Castellabate, nel riminese zona nord. Detto castello era posto al centro di una tenuta agricola di proprietà dei conti Bennicelli di Genova, e da loro abitato nei soli periodi estivi.

Nel Luglio del 1944, il castello venne occupato dal comando tedesco che vi istituì la propria sede. La casa adiacente, destinata al custode, era ovviamente occupata dalla mia famiglia. Gli ufficiali tedeschi avevano un interprete che li seguiva, al quale fu assegnato il piano superiore della casa da noi abitata. Questi aveva con sè l'intera famiglia, composta dalla moglie italiana e da due figlie diventate mie amiche. Lui stesso divenne amico di mio padre. Questa amicizia ci salvò la vita.

Verso il 10 settembre (non ricordo il giorno esatto), vedemmo tutti gli ufficiali andarsene velocemente. Ovviamente anche l'interprete con la famiglia li seguì. Tuttavia, prima di andarsene, Gugh (così si chiamava) confidò a mio padre che da una spiata avevano saputo che il castello sarebbe stato a breve bombardato, essendo appunto sede del comando tedesco. Naturalmente anche noi scappammo, non sapendo quando ciò sarebbe avvenuto, abbandonando tutto.

Ci recammo da mio nonno paterno che, essendo mezzadro nella tenuta, abitava nei pressi. Ma in quella giornata non successe nulla. Il giorno successivo, verso le dieci del mattino, mio padre pensò di recarsi fugacemente al castello per recuperare almeno alcuni indumenti e poco altro. Ricordo che come mezzo di trasporto portammo con noi una carriola. Per accelerare i tempi, vennero con noi mia zia e Glauco, un ragazzo della famiglia riminese sfollata presso i miei nonni.

Giunti al castello, mia madre si recò da un contadino che abitava lì vicino per acquistare una bottiglia di latte come solitamente faceva. Mentre lei era di ritorno e noi ci trovavamo sul piazzale del castello, apparvero improvvisamente sei aerei inglesi Spitfire, i quali a bassa quota iniziarono a mitragliare il castello e zone limitrofe. A mia madre colpirono la bottiglia e lei rimase per un po' con il solo collo della stessa in mano. Io fui colpito a una caviglia e ne porto ancora il segno. Gli aerei fecero un secondo passaggio.

Mio padre istintivamente prendendomi in braccio, urlò: Tutti dentro al castello! pensando a un'altra incursione con le mitragliatrici. Invece, quando fummo tutti entrati nella stireria, iniziarono a bombardare: tre bombe per aereo, complessivamente diciotto bombe (fu successivamente stabilito il numero in base ai danni e alla capacità degli aerei). Allora sempre mio padre, sentendo le prime bombe colpire le torri, urlò: Tutti fuori!. Nel tempo in cui le bombe impiegarono ad abbattere il castello (quasi totalmente), noi riuscimmo a uscire anche se con qualche mattone sulla schiena.

Purtroppo Glauco non fece in tempo a uscire perché, pur essendosi rifugiato nella stessa nostra stanza, si trovava un paio di metri dietro di noi. Venne schiacciato dal portone della stireria. Ora posso veramente dire che per due metri ebbi salva la vita. Il castello non fu più ricostruito e la tenuta in seguito fu smembrata.

Filippo Vannini