L'ESTATE NON ERA SOLO SVAGO

In questo racconto Elio Biagini (1923 - 2005), già ferroviere in pensione e sindaco revisore DLF, ricorda aspetti della sua gioventù trascorsa nella frazione di Viserba.

L'estate non era fatta solo di svaghi, ma c'erano anche dei doveri da compiere. Mio babbo era custode di due ville: una a Viserba di proprietà dei Piovesan, e l'altra a Viserbella della famiglia Serafini, dove ora sorge un grosso condominio, in via Salvador angolo via Pedrizzi. Queste ville avevano tanto giardino e tanto orto, perciò avevano bisogno di mani esperte per piantare fiori e coltivare ortaggi.

Mio babbo nelle ore libere si dedicava a questo lavoro con molta cura: in primavera preparava il terreno, usando vanga e zappa, e quando era pronto per la semina, si alzava di notte e dalle vasche biologiche asportava tutto il liquame per concimarlo; quando al mattino ci si alzava, nell'aria si sentiva il cattivo odore che emanava tale liquame.

In primavera si seminavano i fiori e nell'orto molta verdura. C'era quindi la necessità di far crescere fiori e verdura con delle abbondanti spruzzate d'acqua e questo era compito mio. Perciò partivo da casa con due recipienti e li riempivo d'acqua dai pozzi artesiani, da cui sgorgava a volontà, e poi ne spargevo tanta su fiori e verdure.

Dai Serafini c'era un pergolato con delle viti di favoloso moscato e appena gli acini erano maturi ne approfittavo per assaporarli. Da Viserbella, mi recavo poi in via Piacenza dai Piovesan dove c'era un bel giardino, ma anche un orto con tanti alberi da frutta e tante viti di buona uva. C'erano meli, peschi, un albero di mele cotogne che, mature, emanavano un profumo intenso: io ne raccoglievo alcune e le portavo a mia mamma che le metteva in fondo al baule in mezzo alla biancheria che, per tutto l'anno, emanava poi un gradevole profumo.

C'erano anche alberi di pere i cui rami erano carichi di gustosi frutti che pendevano fuori dell'orto verso via Bezzecca; molti ragazzi lo sapevano e, appoggiata la bicicletta alla rete, vi salivano sopra arrivando al ramo carico di pere e ne facevano man bassa. Anch'io, quando avevo terminato il mio lavoro, raccoglievo un po' di pere e le mettevo in fondo al secchio; quando passavo a salutare la signora, mi sembrava che si accorgesse di ciò che avevo nel secchio e diventavo rosso, ma la signora era così gentile e magnanima che mi rincuorava e diceva di salutare la mamma e il babbo, e io, felice e contento, correvo a casa e mettevo la frutta sul tavolo.

Mia mamma era contenta e nello stesso tempo dispiaciuta e mi diceva che non dovevo portare via nulla se non mi veniva dato, ma io sapevo che sarei stato perdonato perché il signor Piovesan mi voleva bene ed era a conoscenza dei sacrifici che faceva la famiglia Biagini per sbarcare il lunario.

Elio Biagini