La Compagnia dialettale "E Teatre Rimnes" dell'Associazione Dopolavoro Ferroviario Rimini, compie 30 anni.
Nell'ormai lontano 1973, un po' per scherzo, un po' per occupare il tempo libero, insieme ad alcuni amici, Guido Lucchini (ex dipendente FS dell'OGR di Rimini) mise in scena, nella sala di un popolare bar, la sua commedia dialettale "Turin in ti sulde" (Salvatore nei soldati). Fu un successo strepitoso ed inaspettato per cui si pensò di fondare una compagnia teatrale battezzata. "E Teatre Rimnes" (Il Teatro Riminese).
Sorretto dalle ali dell'entusiasmo suo e degli amici, improvvisati attori, cominciò a sciorinare, una dietro l'altra, storie (a tutt'oggi sono 35) di vita vissuta, anarchici, emigrati. Ed inoltre numerosi testi incentrati sui contrasti tra padrone e contadino. Le realtà di Lucchini sono tra le più disparate insomma, ma tutte accomunate da quel filo rosso che è una sottile ironia ed una piacevole comicità nel narrare piccoli drammi più o meno patetici.
Nei teatri dell'Emilia Romagna, durante questa lunga attività, si sono succeduti decine di attori ed attrici, molti dei quali ferrovieri, tutti non professionisti, che hanno così contribuito alla notorietà del DLF Riminese. Un ruolo particolare e di primo piano è stato attribuito alle donne, degne rappresentanti del forte e sanguino carattere romagnolo, siano esse borghigiane, campagnole o portolotte.
L'ultima fatica della prolifica e storica penna di Lucchini si intitola "Mort un Pepa sèta un ent" (morto un Papa sotto un altro), uno dei tanti modi di dire romagnoli, che sta a significare la nostra precarietà, per cui possiamo essere sostituiti in ogni momento. L'espressione è tipica di un personaggio della commedia (La Zelenda) che, rimasta vedova, mette in pratica il detto sopraccitato. La trama è incentrata sul desiderio di un metalmeccanico (Nicola Ormani) di coronare il sogno della sua vita: un viaggio alle Canarie.
Forte è l'opposizione della consorte (Elvira), adultera e possessiva, in relazione alle precarie condizioni economiche della famiglia ma, ormai, il dado è tratto e la partenza inevitabile (o almeno sembra). In seguito al disastro aereo in cui si trovava, o si doveva trovare, il protagonista, si innescano una serie di situazioni e complicati imbrogli al fine di intascare un cospicuo risarcimento.
È strano, però, come la coscienza, a volte, sappia giocare col destino della gente, per cui, alla fine, ognuno raccoglierà ciò che aveva seminato determinando, nel bene o nel male, un radicale cambiamento della propria esistenza.
Per il Gruppo Teatrale
Giovanni Rocchi